Toccata e fuga in re minore di Sebastian Bach

Acrilico su carta 70x50cm

Descrizione

L’opera “Toccata e fuga in re minore di Sebastian Bach”, datata 2000, è un acrilico su carta di medie dimensioni, una composizione tipica della ricerca e della poetica della Prestento dagli anni Settanta in avanti. Si tratta di segni scuri su fondo bianco: una trasposizione grafica della partitura musicale, delle vibrazioni sonore sul foglio. L’immagine che ne risulta è data da una serie di onde reiterate sulla superficie, in questo caso intervallate da un vuoto, una sorta di cuneo bianco (spazio lasciato vuoto dalla pittura) che si insinua dalla diagonale in alto a destra verso il basso.

Identificazione Titolo Toccata e fuga in re minore di Sebastian Bach
Tipologia Installazione
Artista Prestento Giustina
Data di realizzazione 2000
Collezione

Scuola di Specializzazione in Beni Storico Artistici dell’Università di Siena | Collezione

Progetto
Proprietà Proprietario Scuola di Specializzazione in Beni Storico Artistici dell'Università di Siena
Data di acquisizione 2003/2008
Specifiche Supporto e tecnica Acrilico su carta
Dimensioni 70x50cm
Storia Non è certa la data di acquisizione dell'opera nella Collezione della Scuola di Specializzazione in Beni Storico Artistici dell'Università di Siena, ma è ipotizzabile essersi compiuta dopo il giugno del 2002, quando Giustina Prestento tenne un seminario presso la Scuola, su invito dell'allora direttore Enrico Crispolti, più plausibilmente tra il 2003 (come ci indicano alcuni appunti della stessa artista sulla documentazione conservata tra le carte d'archivio della Scuola, in cui si fa riferimento alla bibliografia di quell'anno) e prima del 2008, anno della sua scomparsa. L'opera, che va letta in modo composito con altre due parti, due opere entrate contestualmente in collezione, ovvero “Epifanie su musiche di Luciano Berio” (1981) e “Epifanie” (1981), rientra tra le opere visive che la Prestento inizia a sperimentare a partire dal 1979, per poi far evolvere anche negli anni a seguire. Si tratta di una trasposizione delle vibrazioni sonore in “orme” segniche sul foglio: immagini che vivono autonome oppure, se proiettate, diventano “pagina luminosa” davanti e dentro la quale si muove il corpo che le dinamizza in sincronia con il suono, integrandosi nell'opera. Quest'ultima diviene così un quadro vivente, una “Living Picture”. Un susseguirsi di “Living Pictures”, quali fotogrammi tridimensionali che danno l'idea dello sfogliarsi di un libro “vivo”, compone l'“Opus intercodex”.