Maialini celesti
acrilico su carta 56 x 76 cm
Descrizione
Lasciandosi affascinare dalle drôleries (stramberie inaspettate) e dalle meraviglie delle cattedrali gotiche l’artista propone «mostriciattoli che proliferano nello spazio, lo divorano – andando al di là dell’organizzazione in sequenza tratta dal mondo del fumetto – inglobano il vuoto e lo sputano via», come fossero particelle del serpente Ouroboros che alla fine ingoia se stesso (utilizzando un’espressione di Renato Barilli, 1993).
I tratti grafici del ciclo continuo si susseguono forse per conquistare il tempo e superare lo spazio con una funzione senza dubbio apotropaica in quanto «i grovigli di mostri servono a confondere il Maligno e ad allontanare mostri più intimi ma altrettanto mostruosi».
Artista
Progetto
Collezione e Raccolta
Scuola di Specializzazione in Beni Storico Artistici dell’Università di Siena | Collezione
SCHEDA TECNICA
Identificazione | Titolo | Maialini celesti |
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Tipologia | Pittura | |
Artista | Echaurren Pablo |
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Data di realizzazione | 1991 | |
Collezione | Scuola di Specializzazione in Beni Storico Artistici dell’Università di Siena | Collezione |
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Progetto |
Proprietà | Proprietario | Scuola di specializzazione in beni storico artistici dell'Università di Siena |
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Data di acquisizione | dicembre 2005 |
Specifiche | Supporto e tecnica | acrilico su carta |
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Dimensioni | 56 x 76 cm |
Storia | Questo lavoro è collegato al libro "I cammellini del cielo" (1914) di Elena Guru (che riteneva che solo i bambini sapessero intendere le parole nella loro essenza incorrotta) e a "Maialini" (1913) di Kručënych (che affidò a Zina V. di 11 anni la stesura di alcuni brani a vantaggio di un linguaggio transmentale o transrazionale, costituito da smottamenti linguistici, combinazioni libere, parole inventate o frantumate). I due esponenti della letteratura cubo-futurista russa in quel periodo affascinavano molto Echaurren, che scrisse sulla rivista «Alfabeta» (IV, 43, dicembre 1982) l’articolo Kručënych e i bambini proprio sull’argomento. Nel clima culturale futurista russo tra i tre ambiti selezionati «per creare il primitivismo», oltre al folclore e alla preistoria, vi era proprio l’infanzia in quanto era necessario conservare nell’uomo il bambino, la cui freschezza era necessaria ad esprimere il nuovo modo d’intendere l’arte. I bambini non ricercando il bello restano spontanei e puri dando sfogo alla visione sincretica della realtà priva di convenzioni e derivante dalla conoscenza che loro hanno e non dalla mera percezione visiva. Grazie al loro esempio di visione mentale, si poteva raggiungere il substrato, l’humus universale comune ad ogni espressione. Prestando attenzione all’opera in esame, si può notare come sia parte di un ambito di lavori realizzati proprio in quel periodo preciso (1991): tra questi si possono ricordare "Volevo fare l’entomologo" [1991, acrilico su carta, 100 x 100 cm - in Nicoletta Zanella (a cura di), "Pablo Echaurren – Crhomo Sapiens" (Catalogo della mostra, Roma Palazzo Cipolla, 18 dicembre 2010 -13 marzo 2011), Skira, Milano 2010, fig. 159, p. 143], che racchiude in sé ancora il microcosmo delle opere degli anni ’70 ma con le tinte forti peculiari dei lavori ad acrilico; "Nei periodi oscuri" (1991, acrilico su carta, 100 x 100 cm), "Mendicante senza patria" (1991, acrilico su tela, 130 x 130 cm), "Inconsapevole" (1991, acrilico su carta, 100 x 100 cm) e "Mandala" (1991, acrilico su carta, 50 x 70 cm) furono esposti ad Arezzo nel 1991; "Lunghe lingue" (1991, acrilico su tela, 130 x 130 cm) e la copertina per Arezzo Wave – European Rock Festival (rispettivamente p. 84, fig. 54 e p. 34 in "Pablo Echaurren: dagli anni Settanta ad oggi" (Catalogo della mostra, Roma Chiostro del Bramante 25 giugno-12 settembre 2004), Gallucci, Città di Castello 2004 (testi di Fabio Benzi, Gianluca Marziani, Federica Pirani, Claudia Salaris, Arturo Schwarz); si possono menzionare anche "Tutto e niente" (1991, acrilico su tela, 140 x 140 cm) in Patrizia Ferri, "Pablo Echaurren: antologica" (Catalogo della mostra, Mantova Casa del Mantegna 13 giugno-26 luglio 1992), Publi-Paolini, Mantova 1992, p. 26, "Io cerco il fondo" (o Senza dimensioni) in "Pablo Echaurren" (Catalogo della mostra, Genova Galleria d’arte Orti Sauli 20 maggio-26 giugno 1993), Genova 1993 (testo critico a cura di Renato Barilli), p. 5, "Le mie malattie simboliche" e "L’animale dentro" in Claudio Spadoni (a cura di), "Pablo Echaurren – Lasciare il segno: opere 1969-2011" (Catalogo della mostra, Ravenna Museo d’arte della città, 8 ottobre – 11 novembre 2011), SilvanaEditoriale, Cinisello Balsamo 2011, p. 61 e p. 57. Anche nella ceramica presentò questi temi (si veda ad esempio "Terra cruda terra cotta", 1991, piatto dipinto su supporto in bicromia b/n, 70 cm di diametro in Enzo Biffi Gentili, "La via della sete. Ceramiche di Pablo Echaurren" (Catalogo della mostra, Faenza 24 maggio-28 giugno 1992), Tools, Faenza 1992, p. 19). Se dal punto di vista cromatico questi lavori rimandano alle calaveras messicane (i colori vengono impiegati per esorcizzare i propri dolori – Echaurren stesso citò l’«esorcismo con riso», cioè con la risata, coniato da Chlebnikov) e le immagini sembrano nate da un motivo tratto anche da figurazioni allegoriche di ascendenza medievale che insistono ossessivamente a causa di una reiterazione maniacale di elementi e delle loro variazioni, l'artista pur svolgendo un «servizio di rallegramento coloristico», non propone una componente ludica: la comunicazione iconografica sembra derivare anche dal muro berlinese, la storia dell’uomo viene presentata come una storia di agglomerato di morte e l’horror vacui dei teschi è protagonista (non bisogna dimenticare infine il contesto storico del periodo interessato: l’insorgere di conflitti nel Golfo Persico). |
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GALLERIA FOTOGRAFICA