Ligi Fulvio

Informazioni

Nato il 3 febbraio del 1938, l’artista si diplomò all’Istituto d’Arte di Fano e svolse il suo apprendistato artistico a Fossombrone accanto allo scultore Bruno Bianchi e si esercitò nella pratica del disegno studiando gli antichi e approcciandosi ai maestri moderni quali Brancusi, Arp, Wotruba e Archipenko, per la preparazione della tecnica per la lavorazione del marmo guardò ad Arturo Martini mentre attraverso Bidischini poteva evocare l’astrazione lirico-concettuale del maestro Viani. La prima produzione di Ligi è una pratica di rilievo, un astratto arcaico, in cui si ritrovano rimandi ancestrali alla cultura primitiva. Nell’ottobre del 1964 si trasferì a Milano, frequentò giovani artisti che gravitavano intorno alla rivista Azimut e progettò le prime costruzioni. Successivamente a Roma ebbe modo di conoscere Edgardo Mannucci che lo introdusse nell’ambiente romano gli impartì lezioni sulla “grande scultura”. Gli anni Ottanta sono segnati inoltre dalle amicizie strette nel quartiere Prenestino dove lo stesso artista operava insieme a Limoni, Palmieri, Busanel e Maurizio Guercini.

Tra le mostre più significative si possono ricordare Proposte Uno di Avezzano (agosto 1967) insieme a Ceroli, Del Pozzo e Colombo, la prima personale presso la galleria “Il Cerchio” a Roma (1968) – le cui opere mostravano l’obiettivo di determinare il rapporto visivo che lega l’oggettività del vedere e il limite sperimentale della percezione (Tullio Catalano).

Sul finire degli anni Sessanta cominciò a sperimentare nuovi materiali, come il perspex, che assecondava la nuova formulazione dello spazio attraverso la trasparenza luminosa dei colori; la simmetria geometrica risulta alterata dagli elementi circostanti per assimilazione e per riflesso: l’oggetto condiziona ed è condizionato, assume e riflette e l’immagine è sovrapposta alla struttura oggettuale. Proprio l’uso della plastica permette questo gioco (per questa fase artistica si possono menzionare opere come Struttura circolare, 1967, Avezzano Galleria d’Arte Moderna).

Nell’arte di Ligi, dove vi si registra sempre una strutturazione razionale secondo stadi di semplificazioni e di rinuncia ad elementi superflui, l’immagine non è un dato unico e immutabile ma un permanente divenire; se Henry Moore faceva fluire lo spazio dentro e intorno alle sue figure, Fulvio Ligi lo modifica illusoriamente attraverso le sue lenti e la massa esiste solo come desiderio di liberare l’oggetto dalle leggi di gravità: immaterialità della materia e fluttuazione dell’oggetto (Samuel Montealegre).

L’operazione di Ligi ha consentito la conquista di nuovi valori di visione non disgiunti da un fare artistico (Giorgio Tempesti).

Dal 1971 introdusse ottone e duralluminio inaugurando un nuovo approccio formale rivolto alla scultura analitica: presso la galleria “SM13” (Roma 1971) presentò sculture di carattere minimalista con elementi gestaltici sviluppando inoltre le qualità strutturanti della forma e le implicazioni di essa in rapporto allo spazio che ne risulta sempre più attivamente “compromesso” (Sandra Orienti).

Se nelle tre personali dal 1976-78 a Roma e a Brescia erano ancora protagonisti i lavori analitici, l’esperienza degli anni Ottanta risulta contrassegnata da un ritorno al corpo e alla massa dove la torsione delle figure astratte equilibra la scomposizione geometrico-analitica. La materia si impossessava dello spazio, del vuoto e Ligi solidificò le forme – anzi la “trasfigurazione della forma” [cit. in Mariano Apa (a cura di), Numanascultura, Quattroventi, Urbino 1987, p. 103] avviando il lavoro con la modellazione in creta e gesso e con la cura della traduzione in bronzo alla ricerca della forma primaria.

Vi è in Ligi il recupero di un dato storico della scultura moderna: il tempo articolato che si calcina nell’intervento sull’opera (Enrico Mascelloni).

Fondamentale fu accettare l’invito per L’Arte Leggera (Bologna 1985) e due anni dopo nella collettiva tenutasi insieme ad otto scultori marchigiani, tra cui Arnaldo e Giò Pomodoro, quando espose Abbraccio (1985, bronzo, 50 x 50 x 40 cm).

Un’ampia personale si tenne nel maggio 1989 a Roma e l’anno seguente il Comune di Fossombrone gli dedicò una mostra con un gruppo di sculture degli anni ’80-’90 presso la “Quadreria Cesarini”.

Fu premiato al Premio Marche 1989 e la Galleria Comunale d’Arte Moderna di Spoleto acquisì Trittico nero (1971) e vinse la prima edizione del Premio Nazionale Pericle Fazzini a Grottammare.

Nell’estate del 1995 nel viale principale del Comune di San Ginesio fu installata Geo-metria del vuoto in acciaio; 3 anni dopo fu protagonista con la sua creazione scultorea presso la Piazza di Pietralata a Roma.

Nelle opere dei primi 2000 (da oggetti-sculture divennero pure idee e forme) si scorgeva il desiderio di messa a nudo della verità colta nella purezza degli archetipi geometrici.

In un passo doppio compositivo tra meditazione di un procedimento scultoreo secondo un ritmo storico della memoria che sedimenta la materia e un altro naturale in risolvere, esemplificare, Ligi visse e lavorò a Roma.