Giovannoni Alessandra
Informazioni
Nata a Roma nel 1954, l’artista si diplomò all’Accademia delle Belle Arti con Emilio Greco in scultura nel 1982.
Da Sironi ha appreso la sintesi grandiosa dei volumi mentre Cézanne è il filtro per i suoi colori; ha frequentato corsi di tecniche incisorie presso la Calcografia Nazionale, realizzato scenografie e decorazioni parietali per Alberghi della Capitale.
Dal 1983 ha partecipato a diverse collettive e nel 1986 si tenne la sua prima personale Al Ferro di Cavallo a Roma (nella mostra del 1989 nella medesima galleria si notava l’apprezzamento per Giacometti, col quale si riallacciava per il decentramento dei personaggi, l’asimmetria, l’estremo rigore compositivo introverso) e dal 1991 è iniziata la collaborazione con la Galleria Il Segno.
Tra il 1986 e il 1997 ha eseguito ritratti di Capogrossi, Perticone, Del Noce e Rosmini.
Ha ricevuto numerosi premi e nel 2001 il sindaco di Roma le ha consegnato una medaglia in seguito alla realizzazione di una serigrafia in otto colori commissionata dal Comune.
Sono state acquisite sue opere dalla Galleria Comunale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, dal Museo di Avezzano, dal Museo dell’Arte Sacra di San Gabriele a Gran Sasso, dal Museo di Villa San Giovanni e dalla Banca Nazionale del Lavoro per la Collezione di Arte Contemporanea.
Ha illustrato molti racconti e articoli per La Repubblica e per il Corriere dello Sport.
Soggetti ricorrenti nelle sue opere, oltre agli scorci di Villa Borghese (Parco dei Daini come sopracitato e Pincio), vi sono le vedute dei tetti del quartiere Trieste inquadrate dalla terrazza del condominio di via Postumia, dove abita, e marine e bagnanti dipinti presso spiagge dello Ionio: nonostante quindi cambino i luoghi “non ci sono differenze, lo sguardo è lo stesso” (Marisa Volpi).
Il punto di partenza per ogni suo lavoro è la visione istantanea della realtà: è importante che venga colta in un momento affinché si renda la tensione fondamentale tra pieni e vuoti, colore e ombra; la visione dell’istante è come una fotografia rivista attraverso la memoria della prima percezione, che riaffiora come un riassunto, e la luce restituisce la materia.
La sua prassi artistica prevede una prima fase disegnativa (si tratta di appunti brevi raccolti in taccuini-blocchetti come fossero diari visivi, realizzati in occasioni di lunghe passeggiate o percorsi in bicicletta) e la successiva preparazione delle tele sui telai in quanto è necessaria per l’artista stessa l’inclusione della componente fisica.
In seguito all’esperienza diretta e grazie al ruolo decisivo della memoria la definizione dell’opera si verifica nello studio e nell’elaborazione dei soggetti si perdono i dettagli veristici e le annotazioni narrative.
Nonostante abbia sempre guardato alla scultura affascinata dagli scultori tedeschi del Medioevo, dai Romanici per la sintesi e la pienezza delle forme, dagli Egizi per il moto bloccato fino ad arrivare a Martini e Marini, ha sottolineato apertamente come senta la necessità della pittura.
Nell’ambito delle attività della Scuola di Specializzazione di Siena ha partecipato a Carthusia. Pontignano per 8 artisti nel 2001, esponendo un esemplare dalla serie Bagnanti.
Prosegue l’attività espositiva in mostre collettive e personali.
L’ultima – Verde Tevere – si è tenuta a Roma presso la Galleria Francesca Antonini dal 17 settembre al 17 ottobre 2020: in questa mostra si è concentrata ancora una volta su un brano appartato di Roma, “che non sa di essere guardata e che non ha fatto in tempo a mettersi in posa”, proponendo immagini dense di esotismo, caratterizzate da penombra e vegetazione spontanea, il cui verde colora le porzioni di cielo e di architettura, con la sua grammatica inconfondibile costituita dagli elementi sempre riconoscibili dalla natura poetica.
La sua pittura è frutto di una ricerca condotta in modo autonomo in solitudine e secondo una spontanea attitudine per tentare di afferrare ciò che è inespresso e al tempo stesso universale: essa non ha bisogno di riferimenti autorevoli poiché trae linfa da se stessa; credendo pienamente nella pittura dunque perché indispensabile per suggerire i particolari della sua realtà urbana, l’artista definisce atmosfere e l’osservatore può conquistare la veduta perdendosi nei suoi dipinti tra macchie, ombre e luce.