Gandini Marcolino
Informazioni
Marcolino Gandini nacque il 6 marzo 1937 a Torino. L’ambiente frequentato da Casorati (di cui divenne allievo nel 1954) e dal Gruppo dei sei lo influenzarono molto. Nel 1956 terminò il liceo artistico e cominciò ad affacciarsi sulla scena artistica nazionale; nel 1958 tenne la sua prima personale a Torino a soli 21 anni.
Nel corso della sua carriera artistica numerosissime personali si tennero tra Novara, Bologna, Roma, Milano, Venezia, Genova, Firenze, Verona, Ascoli Piceno, Arezzo, Salerno, Trento, Macerata, Sassoferrato, Brescia, Treviso, Bolzano).
Nel 1963 si trasferì a Roma e l’anno successivo vinse a Novara il Premio Castelletto Ticino che lo introdusse nell’ambito della situazione artistica emergente del Nord Italia. Nel medesimo anno diede inizio alla sua costante partecipazione a rassegne collettive: Francavilla al Mare – Chieti, Roma (partecipò alle Quadriennali nel 1959, 1965, 1973, 1986), Padova, Spoleto, Bergamo, Palermo, Termoli, Napoli, Amalfi per la Rassegna Internazionale di Pittura, Civitanova Marche per l’Esposizione della Grafica italiana, Bolzano per la III Biennale, Biella per la Biennale della Grafica, Acireale, Ravenna, Trieste, Padova, Tarquinia, Aosta, Foggia); a manifestazioni culturali all’estero (da Vienna, Tunisi, San Marino per la Biennale internazionale d’arte contemporanea, a Cannes per Arte attuale in Italia, a Parigi per V Biennale, nel 1967 a Montreal per l’Esposizione mondiale d’arte presso il padiglione italiano, nel 1969 a Graz ospite del governo della Stiria per la IV settimana internazionale di pittura, Nyon e St. Vincent per due personali, a Madrid per la IV Biennale internazionale, a Londra).
Denominato promeneur solitaire, Gandini tutelò la sua autonomia senza voler essere isolato o in contrapposizione prestando attenzione alle proposte con impostazioni divergenti. Il modello diretto prediletto dall’artista è sempre stata la natura nei suoi aspetti formali e fenomenici, la perenne conflittualità degli elementi e l’improvviso loro placarsi. L’angolatura costante delle forme geometriche, l’intrecciarsi dinamico e ricorrente di forme e colori, la costruzione dei volumi in un disegno costruttivo e architettonico derivavano dal modello naturale in un rapporto di essenzialità privo di idealizzazione e simbolismi. L’artista concepiva la natura come costituita da tempo, spazio, ritmo, tensioni, linee forza, tutti elementi in costante dialettica. L’aspetto più appariscente della natura era per lui la geometria non esatta e matematica ma intuitiva: la forma si sviluppava a suo parere gradualmente in una casistica susseguente e questo per lui doveva innescare un legame discorsivo tra quadro e quadro. Il suo metodo non consisteva solo nella manualità ma anche e soprattutto nel costume di vita e nella tensione mentale. Il lavoro si articolava secondo un ritmo temporale non caotico ma protratto e disteso dal momento che doveva prevedere uno spazio per un’estensione del pensiero e dell’introspezione. La componente tempo nella sua ricerca era fondamentale e si realizzava in relazione ad una cadenza ritmica legata alla forma, ai volumi, ai colori, al loro alternarsi e si manifestava attraverso il processo di realizzazione, il trascorrere tra i diversi periodi di ricerca sulla base di una sostanziale continuità.
Nel corso degli anni ’80, contrassegnati da un’assenza di una sostanza etica negli individui e nella società in una realtà finalizzata al consumo e alla violenza impositiva e volgarizzante, Gandini si rese conto che si poteva o fuggire o opporre una tenace resistenza: la salvezza poteva essere scovata nella logica dell’astrazione pura intesa come processo e comportamento che privilegia i meccanismi mentali che accompagnano la realtà vissuta; il ricercare con l’astrattismo significava tentare spazi mentali di libertà e indipendenza dai violenti condizionamenti per riscattare la libertà umana e collettiva. L’astrazione dunque era un polo alternativo, l’astrattismo veniva stimato comunicazione poetica e lirica, tensione e misurazione dell’individuo con le cose in quanto stratificazione di esperienze filtrate dall’osservazione mentale. Stando alle testimonianze scritte pervenuteci, per l’artista la scelta dei materiali per la realizzazione di un’opera erano in partenza significativi e carichi di per sé di una espressività congenita e l’opera dell’artista si esercita nella selezione dei materiali, nel loro accostamento, nella misura quantitativa e qualitativa del loro impiego. Il colore, autonoma manifestazione espressiva, veniva considerato elemento aereo che provoca una coralità e musicalità; s’incorpora nella sostanza che lo veicola e gli dà consistenza fisica e questa oggettualizza il colore, capzioso di luce e interagente con lei. La campitura maturata da Gandini deve essere vista come forma-blocco-colore di una vera costruzione.
Sue opere si trovano in importanti musei italiani, quali la Fondazione Museion di Bolzano, la Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino, il MART di Rovereto, la Cà Pesaro Galleria internazionale d’Arte Moderna di Venezia e il MA*GA di Gallarate (Varese).